Presentazione, presso la Sala Consiliare di Orvieto, del volume curato dagli Archeologi Pacelli e Sciamannini
Giovedì 23 Maggio 2024 (ore 17) la Sala Consiliare del Comune di Orvieto accoglierà, dopo i doverosi saluti istituzionali, la presentazione del volume: “Pagliano, il porto romano di Orvieto, vecchie indagini e nuove scoperte” a cura degli Archeologi Francesco Pacelli ed Elisa Sciamannini, con introduzione di Luca Pulcinelli (Ispettore Archeologo Sabap Umbria), Arch. Raffaele Davanzo (Ex Soprintendente Umbria e Presidente ISAO) e Avv. Andrea Solini Colalè (Fondazione Faina). L’iniziativa è patrocinata, tra gli altri, dall’UNITRE – Università delle Tre Età di Orvieto.
L’opera nasce da una decennale attività di ricerca compiuta sul sito archeologico e nel suo territorio con l’intento di restituire alla collettività un bene culturale soggetto agli sciagurati eventi calamitosi legati ai “capricci” del fiume Paglia, su cui sorse, e che nel 2012 hanno celato ancora una volta le sue magnifiche architetture. Rinvenuto nel 1888 in seguito ad una scoperta fortuita, fu soggetto ad attività di scavo nel 1890 a cura dell’Ing. Riccardo Mancini, attivo scavatore e connoisseur di archeologia orvietana, che mise in luce 28 ambienti in poco più di 11 mesi, disegnati in pianta con l’accuratezza di cui era noto, redigendo anche accurati elenchi dei materiali rinvenuti nei diversi vani e recuperando una straordinaria mole di informazioni relative ad un complesso archeologico esteso oltre 8000 mq. e risalente ad età romana, un periodo ancora poco conosciuto della città di Orvieto.
Molte personalità illustri di allora (lo stesso R. Mancini, A. Ricci, W. Valentini, P. Perali, C. Morelli) tentarono l’identificazione di quel sito producendo diverse attribuzioni (villa, terme, statio, figlina di embrici), anche se tutti concordi della sua strategica posizione sulla confluenza Paglia-Tevere e della presenza di strutture portuali per l’attracco di scaphae, lenunculi, lintres come anche della sua funzione in merito allo sfruttamento cerealicolo di questa parte della vecchia Etruria che diventerà un immenso “polo produttivo” della nuova potenza romana in grado di esercitare a tappe forzate il proprio dominio su tutto il Mediterraneo. Nel volume sono condensate in una prima sezione, a cura di Francesco Pacelli: le attività ricognitive che hanno consentito la scoperta delle ville signorili dislocate su tutto il comparto collinare, i cui prodotti confluivano verso Pagliano e venivano canalizzati poi sul Tevere verso Roma. Una seconda sezione, a cura di Elisa Sciamannini: tratta invece degli aspetti tecnici delle murature, accuratamente schedate, con una dettagliata analisi delle tecniche murarie e una cronologia puntuale delle tessiture murarie, per favorire il dissotterramento del sito e ripartire con la ricerca ed il completamento degli scavi. Quando nel lontano 1957 il professor Cesare Morelli pubblicava sul Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano il noto articolo: «Gli avanzi Romani di Pagliano presso Orvieto», terminava il proprio resoconto con: «Quei ruderi si ammantarono di edera e di tristezza, e si avvolsero a poco a poco nel mistero di una storia sconosciuta, di cui il presente lavoro ha cercato di svelare qualche cosa». L’intento salvifico a cui giunse lo studioso locale è il medesimo per tutti coloro che espletano nella ricerca i presupposti di salvaguardia mnemonica di uno spazio dedicato a quei beni culturali che come Pagliano vengono continuamente nei secoli bersagliati dalla natura. Morelli, accanto ad una conclusione forse un po’ troppo sibillina ma certamente veritiera sul recente futuro di Pagliano, nutriva ugualmente la speranza di restituire al godimento pubblico un bene cosi prezioso per le comunità che ancora vivono questi territori; in un altro celebre passo difatti affermava: «Il mio tentativo vuol salvare il salvabile ed invogliare altri a fare quel tanto che resta da fare…». Tale opera non vuole dunque essere un punto di arrivo, ma una soglia di ripartenza per le nuove generazioni di archeologi che in Pagliano continueranno a formare “le ossa” e il proprio bagaglio di esperienze.
Pacelli: «Solo allora capii che l’alluvione non aveva cancellato le mie fatiche e quelle degli ex “ragazzi” di Pagliano, e che saremmo stati ancora a disposizione di questa comunità per garantire la sua sopravvivenza nel futuro. Questo progetto, dunque, non è mai finito! Ha subito solo una battuta di arresto, e oggi finalmente si concretizza in questo volume che non rende vano il sudore che essi hanno versato sulla dura terra di Pagliano».